Fiat!!!
3° Mistero del dolore-
Fiat!!! - La Coronazione di spine di Gesù
Dice Maria Ss. di Fatima apparendomi come Ella mi appare...
(da I Quaderni, 8 maggio 1947 - Maria Valtorta)
Ad ogni Ave che un anima amante dice con amore e con fede io lascio cadere una grazia.
Dove? Da per tutto: sui giusti per farli più giusti, sui peccatori per ravvederli.
Quante! Quante grazie piovono per le Ave del Rosario!
Rose bianche, rosse, oro.
Rose bianche dei misteri gaudiosi, rosse dei dolorosi, d'oro dei gloriosi.
Tutte rose potenti di grazie per i meriti del mio Gesù. Perchè sono i suoi meriti infiniti che dànno valore a ogni orazione. Tutto è e avviene, di ciò che è buono e santo, per Lui.
Io spargo, ma Egli avvalora.
Oh!
Benedetto mio Bambino e Signore!
Vi do le rose candide dei meriti grandissimi della perfetta, perchè divina - e perfetta perchè volontoriamente voluta conservare tale dall'Uomo - Innocenza di mio Figlio.
Vi do le rose porpuree degli infiniti meriti della sofferenza di mio Figlio, così volontariamente consumata per voi.
Vi do le rose d'oro della sua perfettissima Carità.
Tutto di mio Figlio vi do, e tutto di mio Figlio vi santifica e vi salva.
Oh!
io sono nulla, io scompaio nel suo fulgore, io compio solo il gesto di dare, ma Egli, Egli solo è l'inesauribile fonte di tutte le grazie!
(
-)
La preghiera-meditazione-contemplazione, del mistero della Coronazione di spine di Gesù, illustrata da quanto la penna di Dio Maria Valtorta scrisse mentre "vedeva" e "udiva".

Gli legano di nuovo le mani.
E la corda torna a segare là dove è già un rosso braccialetto di pelle scorticata.
«E ora? Che ne facciamo? Io mi annoio!».
«Aspetta. I giudei vogliono un re. Ora glielo diamo. Quello lì...», dice un soldato.
E corre fuori, in un retrostante cortile certo, dal quale torna con un fascio di rami di biancospino selvatico,
ancora flessibili perchè la primavera tiene relativamente morbidi i rami, ma ben duri nelle spine lunghe e acuminate.
Con la daga levano foglie e fioretti, piegano a cerchio i rami e li calcano sul povero capo.
Ma la barbara corona ricade sul collo.
«Non ci sta. Più stretta. Levala».
La levano e sgraffiano le guance, risicando di accecarlo, e strappano i capelli nel farlo.
La stringono.
Ora è troppo stretta e, per quanto la pigino conficcando gli aculei nel capo, essa minaccia di cadere.
Via di nuovo strappando altri capelli.
La modificano di nuovo.
Ora va bene.
Davanti è un triplice cordone spinoso.
Dietro, dove gli estremi dei tre rami si incrociano, è un vero nodo di spini che entrano nella nuca.
«Vedi come stai bene?
Bronzo naturale e rubini schietti.
Specchiati, o re, nella mia corazza», motteggia l'ideatore del supplizio.
«Non basta la corona a fare un re.
Ci vuole porpora e scettro.
Nella stalla è una canna e nella cloaca è una clamide rossa.
Prendile, Cornelio».
E, avutele, mettono il sudicio straccio rosso sulle spalle di Gesù e, prima di mettergli fra le mani la canna, gliela dànno sul capo inchinandosi e salutando:
«Ave, re dei Giudei», e si sbellicano dalle risa.
Gesù li lascia fare.
Si lascia mettere seduto sul «trono» - un mastello capovolto, certo usato per abbeverare i cavalli - si lascia colpire, schernire, senza mai parlare.
Li guarda solo... ed è uno sguardo di una dolcezza e di un dolore così atroce che non lo posso sostenere senza sentirne ferita al cuore.
I soldati smettono lo scherno solo alla voce aspra di un superiore che ordina la traduzione davanti a Pilato del
reo.
Padre Nostro
10 Ave Maria
Gloria